Michael Blake è noto per "Balla coi lupi", libro che ha dato la scintilla dell'ispirazione all'omonimo film diretto da Kevin Costner. Lo scrittore statunitense è morto 10 anni fa: il 2 maggio 2025 ricorrono 10 anni dalla sua morte.
Rileggiamo le frasi e le citazioni celebri ricordando che, nel 1991, Blake vinse, tra gli altri, il Premio Oscar per la sceneggiatura del film, un Golden Globe e un Writers Guild of America Award.
Michael Blake: i libri
- Balla coi lupi;
- La danza dell'ultimo bisonte
- La lunga strada nel vento
Michael Blake: le frasi
Ecco le citazioni da rileggere a 10 anni dalla morte
Il tenente Dunbar non era realmente inghiottito. Ma quella fu la prima parola che gli si fissò nella mente.
Tutto era immenso.
Quel vasto cielo senza una nube. Quell'oceano d'erba che ondeggiava nel vento. Null'altro, fino a dove riusciva a spingere lo sguardo. Non una pista, non una traccia di solchi lasciati da altre ruote che il carro potesse seguire. Solo spazio, assoluto e vuoto.
Il tenente Dunbar era innamorato. Si era innamorato di queste terra splendida e selvaggia e di tutto ciò che c'era in lei. Era il genere d'amore che si sogna di provare con le altre persone: privo di ogni egoismo e dubbio, reverente e duraturo. Il suo spirito era stato gratificato e il suo cuore gli balzava in petto.
Ogni volta che pensa a lei, sentiva una fitta al cuore. Quando il suo viso cominciava ad apparire nella sua mente, si sforzava di pensare ad altro.
Dunbar rivolse i suoi pensieri a se stesso. O, piuttosto, alla sua mancanza di una identità. Non apparteneva agli indiani. Non apparteneva ai bianchi. E per lui non era il momento di appartenere alle stelle. Apparteneva a dove si trovava in quel momento. Non apparteneva a niente.
Il mio nome è "Balla coi lupi". Non parlerò con nessuno. Non vale la pena di parlare con voi.
Stavo pensando che di tutte le piste di questa vita la più importante è quella che conduce all'essere umano. Penso che tu sei su questa pista e questo è bene.
La cosa più importante, nel processo creativo, è il cuore.
È stato il cuore a dirmi, all'inizio del 1986, che dovevo mettere da parte qualsiasi prospettiva di un lavore remunerativo, rincunciare al mio appartamento e a tutte le altre comodità che si danno per scontate nella vita moderna per potermi concentrare con tutto me stesso sulla creazione di una storia che non potevo tenere rinchiusa dentro di me e che andava messa nero su bianco.
Munito di qualche cambio di vestiti e di un assortimento casuale di libri e carte a cui tenevo, riposti dentro il bagagliaio di una Chrysler 300 del 1970, salpai per le strade di Los Angeles.
Con la mia scatole di penne biro e un album da disegno sempre a portata di mano, dedicai tutta la mia esistenza alla stesura di quell'unica storia. Scrivevo nel backstage dei concerti di amici, nei séparé dei bar, sui divani e sui pavimenti di tutta una serie di conoscenti, nei grandi e avvolgenti sedili della Chrysler. Scrivevo quando ero solo, quando ero ammalato, quando mi sentivo depresoo e sperduto, combattendo le mie battaglie contro i tarli che sempre assalgono la psiche umana, per raggiungere l'obiettivo, apparentemente semplice, di comporre un romanzo.
Per ironia della sorte, quando terminai di scrivere Balla coi lupi avevo toccato il fondo. Praticamente al verde e senza un tetto, abbandonia la mia vita cronicamente marginale a Los Angelse e mi diressi a est in cerca di fortuna, con il denaro sufficiente per un mese di benzina e di cibo.
Diciotto mesi dopo, la pubblicazione di Balla coi lupi e l'uscita del film basato sul romanzo cambiarono al mia situazione al di là delle aspettative più audcaci.
Negli anni successivi mi è accaduto raramente che dovessi preoccuparmi di far quadrare i conti, e ho potuto dedicarmi alla scrittura in modalità che un tempo avevo sognato ma che mai avevo pensato potessero realizzarsi appieno.