FRASI E AUGURI

Solstizio d’inverno: le poesie più belle per l’arrivo della stagione fredda

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I versi poetici ispirati alla stagione fredda per celebrare il solstizio d’inverno

Il solstizio d’inverno cade il 21 dicembre, il primo giorno ufficiale della stagione fredda: come per ogni inizio, possiamo celebrarlo con una poesia, anche perché i versi poetici ci introducono nell’atmosfera di questo periodo, in cui la natura e il paesaggio declinano verso la quiete e il riposo.

Anche nell’immaginario, infatti, associamo l’inverno con i paesaggi naturali innevati, il rallentamento dei ritmi vitali, la neve che incanta, e anche con la malinconia delle giornate che presto volgono all’imbrunire.

Del resto, il primo giorno dell’inverno astronomico è anche il più corto dell’anno, ma poi il periodo di luce comincerà gradualmente ad aumentare fino alla primavera.

Solstizio d’inverno: le poesie più belle
Ecco la nostra silloge invernale con i versi poetici ispirati alla stagione: quale componimento senti più tuo? Perché?

Sole d’inverno di Antonio Machado
È mezzogiorno. Un parco.
Inverno. Bianchi viottoli;
monticelli simmetrici
e scheletrici rami.
Dentro la serra
aranci nei vasi,
e nella botte, dipinta
di verde, la palma.
Dice un vecchietto,
fra il suo vecchio se stesso:
-Il sole, questa bellezza
di sole!...- I bimbi giocano:
l'acqua della fontana
scivola, scorre, quasi muta,
la verdognola pietra.

La Neve che mai si accumula di Emily Dickinson
(titolo ricavato dal primo verso)

La Neve che mai si accumula -
La transitoria, fragrante neve
Che arriva una sola volta l'Anno
Morbida s'impone ora -

Tanto pervade l'albero
Di notte sotto la stella
Che certo sia il Passo di Febbraio
L'Esperienza giurerebbe -

Invernale come un Volto
Che austero e antico conoscemmo
Riparato in tutto tranne la Solitudine
Dall'Alibi della Natura -

Fosse ogni Tempesta così dolce
Valore non avrebbe -
Noi compriamo per contrasto - La Pena è buona
Quanto più vicina alla memoria -

Inverno a Roma di Alfonso Gatto
I bambini che pensano negli occhi
hanno l'inverno, il lungo inverno. Soli
s' appoggiano ai ginocchi per vedere
dentro lo sguardo illuminarsi il sole.
Di là da sé, nel cielo, le bambine
ai fili luminosi della pioggia
si toccano i capelli, vanno sole
ridendo con le labbra screpolate.
Son passate nei secoli parole
d' amore e di pietà, ma le bambine
stringendo lo scialletto vanno sole
sole nel cielo e nella pioggia. Il tetto
gocciola sugli uccelli della gronda.

Solitudine invernale di Matsuo Basho
Solitudine invernale--
in un mondo di un solo colore
il suono del vento.

L'odore dell'Inverno di Anton Cechov
Il tempo dapprincipio fu bello,
calmo. Schiamazzavano i
tordi, e nelle paludi qualcosa di vivo
faceva un brusio, come se
soffiasse in una bottiglia vuota.
Passò a volo una beccaccia e
nell'aria con allegri rimbombi.
Ma quando nel bosco si fece
buio e soffiò da oriente un vento
freddo e penetrante, tutto tacque.
Sulle pozzanghere si allungarono
degli aghetti di ghiaccio.
Il bosco divenne squallido, solitario.
Si senti l'odore. dell'inverno.

Notte d’inverno di Boris Pasternak
(Da Il dottor Živago)

Tormenta, tormenta su tutta la terra
fino agli ultimi confini.
Una candela bruciava sul tavolo,
una candela bruciava.

Come d'estate uno sciame di moscerini
vola sopra la fiamma,
così i fiocchi da fuori irrompevano
sul telaio della finestra.

La tormenta imprimeva sul vetro
circoli e frecce.
Una candela bruciava sul tavolo,
una candela bruciava.

Sul soffitto illuminato
si coricavano le ombre.
Incroci di braccia, incroci di gambe,
incrocio di destini.

E due scarpette cadevano
con un sol colpo sul pavimento,
e dal lume la cera a lacrime
gocciolava sull'abito.

E tutto in una caligine di neve
canuta e bianca si perdeva.
Una candela bruciava sul tavolo,
una candela bruciava.

Da un angolo sulla candela un alito,
e la febbre della tentazione
come un angelo alzava due ali
a forma di croce.

La tormenta durò tutto febbraio
e, in continuazione,
una candela bruciava sul tavolo,
una candela bruciava.

All’inverno di William Blake
O Inverno! Spranga le tue porte adamantine:
Il nord è tuo; là nella fonda terra hai eretto
La tua oscura dimora. Non scuotere
I tuoi tetti, né le colonne col tuo carro di ferro.

Non mi ascolta e sull’abisso spalancato
Rotola greve. Le sue tempeste infuriano;
In una guaina d’acciaio, non oso alzare gli occhi
Perché ha levato in alto il suo scettro sul mondo.

Guarda! Un orrido mostro, la cui pelle aderisce
Alle sue forti ossa, corre sulle gementi rocce:
Riduce tutto al silenzio, e la sua possente mano
Spoglia la terra, e congela la fragile vita.

Prende posto sulle scogliere, il marinaio
Grida invano. Povero diavolo! Egli fronteggia
Le tempeste, finché il cielo non sorride e il mostro
Torna urlando alle sue caverne nel monte Hekla

Inverno di William Shakespeare
(da Pene d’amore perdute)
Quando i ghiaccioli pendono giù dal tetto,
e l’unghia si soffia il pastore Checco,
e Titta porta in casa la legna,
e arriva ghiacciato il latte nel secchio,
e il sangue stagna e fuori fa brutto,
allora di notte canta l’occhiuto gufo:
“Tiuuh!
Tiu-uuh!” Che lieto suono!
E Peppa bisunta raffredda il paiolo.

Quando soffia e sibila il vento,
la tosse strozza il sermone al curato,
e triste sul ghiaccio s’accuccia l’uccello,
e il naso di Betta è rosso e gelato,
quando le mele arrosto fischiano nel boccale,
allora canta ogni notte il gufo occhiato:
“Tiu-uuh,
Tiu-uuh!” Che nota lieta!
E Peppa bisunta raffredda la pentola.

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