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Montale: 5 poesie da rileggere per i 40 anni dalla morte

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Le poesie di Eugenio Montale

Eugenio Montale è un classico della poesia italiana del Novecento. Tra l’altro, le sue poesie sembrano dare forma a quelle che possono essere le nostre inquietudini e le sue poesie d’amore, quelle dedicate alla moglie Drusilla Tanzi ci emozionano. Il poeta morì nel 1981. Tra le sue opere, ricordiamo “Ossi di seppia”, “Le occasioni”, “Satura”.


Montale: 5 poesie da rileggere per i 40 anni dalla morte
Ecco la selezione di componimenti poetici di Eugenio Montale per il quarantennale della sua morte:


Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.


Caro piccolo insetto
che chiamavano mosca non so perché,
stasera quasi al buio
mentre leggevo il Deuteroisaia
sei ricomparsa accanto a me,
ma non avevi occhiali,
non potevi vedermi
né potevo io senza quel luccichio
riconoscere te nella foschia.


Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l 'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.


Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l 'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.


Ecco il segno; s'innerva
sul muro che s'indora:
un frastaglio di palma
bruciato dai barbagli dell'aurora.

Il passo che proviene
dalla serra sì lieve,
non è felpato dalla neve, è ancora
tua vita, sangue tuo nelle mie vene.

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