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Giornata mondiale degli Oceani, la vergogna delle isole di plastica: cosa possiamo fare?

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Sai cosa sono le isole di plastica? Ne parliamo in occasione della Giornata mondiale degli Oceani.

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Gli oceani stanno soffrendo. La Terra è coperta per la maggior parte della sua superficie da acqua (70%), che è fonte di vita per ogni essere vivente. Purtroppo, a causa del riscaldamento globale, dei cambiamenti climatici e dell'inquinamento, mari e oceani sono sofferenti e gran parte della colpa è da attribuire proprio alle alle attività dell’uomo che hanno un impatto ambientale troppo forte sul pianeta. L'8 giugno è la Giornata mondiale degli Oceani, per aiutarci a ricordare quanto sia importante salvaguardarli per proteggere la vita stessa sulla Terra.

Cos'è la Giornata degli Oceani

La Giornata mondiale degli Oceani si celebra appunto l'8 giugno. Ad istituirla è stato il governo del Canada nel 1992, in occasione del Summit della Terra organizzato a Rio De Janeiro. Dal 2008 la ricorrenza è stata riconosciuta anche dalle Nazioni Unite (ONU) e ha come obiettivo principale quello di sensibilizzare le persone sull'importanza di proteggere gli oceani, che rappresentano il tratto d'unione tra tutte le nazioni della Terra e tutti i suoi popoli.

Purtroppo, oggi gli oceani - che sono anche in grado di assorbire un terzo dell'anidride carbonica prodotta dalle attività umane e il 90% del calore in eccesso sul pianeta, combattendo così il climate change - sono invasi da rifiuti, eccessivamente inquinati, e subiscono direttamente e indirettamente le conseguenze dei cambiamenti climatici. I rischi per la biodiversità, per la vita sulla terraferma e nell’acqua e per il pianeta in generale sono notevoli.

Oceani nel mondo, le fonti inquinanti e i rifiuti

Secondo i dati allarmanti resi noti dal WWF, ogni minuto in mare viene riversato l'equivalente di un camion pieno di rifiuti di plastica. Bottiglie, bicchieri, piatti, posate, sacchetti, cannucce, imballaggi di ogni genere. Ma anche palloni e scarpe. Senza dimenticare le reti usate dai pescatori e abbandonate in acqua. La plastica non è biodegradabile e la fauna marina può scambiarla per cibo ingerendola o rimanendovi impigliata, rischiando la morte. Inoltre, questi scarti che finiscono in acqua, prima o poi tornano a riva andando ad inquinare anche le coste, le spiagge, e le città che si affacciano sul mare.

Le stime parlano di 4,8-12,7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici che finiscono ogni anno nei mari del mondo. Le zone più colpite sono quelle del Sud-est asiatico. Oggi sarebbero presenti nei mari e negli oceani 86 milioni di tonnellate di plastica, in superficie o sui fondali marini. Il problema è rappresentato anche dall'inquinamento da microplastiche, che spesso arrivano nei fiumi e nei mari attraverso le acque reflue.

Ma non è solo la plastica a inquinare i nostri oceani. Anche concimi, pesticidi e sostanze chimiche di varia natura causano danni davvero preoccupanti, così come il petrolio.

Dead zones e isole di plastica, due fenomeni che devono preoccuparci

Le conseguenze dell'inquinamento dei mari sono notevoli. Sicuramente le più allarmanti, tra i tanti fenomeni preoccupanti, sono le dead zones o zone morte e le isole di plastica, due elementi che minano la salute della Terra e di tutti i suoi esseri viventi.

Cosa sono le dead zones

Le dead zones sono delle aree a basso contenuto di ossigeno che possono crearsi negli oceani e nei grandi laghi. Se questo fenomeno è normale in natura, dagli anni Settanta in poi, gli oceanografi hanno iniziato a lanciare allarmi preoccupanti, perché le zone morte del mondo aumentavano in modo esponenziale, soprattutto vicino alle coste abitate.

Un rapporto delle Nazioni Unite del 2004 ha individuato negli oceani del mondo 146 zone morte, prive di vita perché non c'era più ossigeno. Alcune sono piccolissime, mentre la più grande registrata all'epoca misurava 70mila chilometri quadrati. Quattro anni dopo le zone morte degli oceani del mondo erano già 405. La più grande si è formata naturalmente nella parte inferiore del Mar Morto, mentre la maggior parte delle dead zones si trova lungo la costa orientale degli Stati Uniti e le coste degli Stati baltici, del Giappone e della penisola coreana.

Cosa sono le isole di plastica

Un altro fenomeno preoccupante è quello delle isole di plastica, immense discariche di rifiuti plastici che galleggiano sulla superficie degli oceani. Rifiuti che si sono accumulati nel tempo e che hanno creato delle vere e proprie isole di cui dovremmo vergognarci. Questi scarti finiti in superficie o nei fondali inquinano mari e oceani e mettono costantemente a rischio flora e fauna marine.

Il primo a lanciare l'allarme in merito alla loro presenza è stato Charles Moore, nel 1997: stava facendo una regata e ha impiegato 7 giorni per attraversare l'isola di plastica più grande del mondo, la Great Pacific Garbage Patch, chiamata anche Pacific Trash Vortex. Si trova tra il Giappone e le Hawaii, nell'Oceano Pacifico e la sua estensione stimata varia dai 700 mila km quadrati ai 10 milioni km quadrati: in tutto 3 milioni di tonnellate di rifiuti plastici.

Anche in altri Oceani sono presenti isole del genere e purtroppo ce n'è una anche in Italia, nel Mar Mediterraneo, tra l'isola d'Elba e la Corsica: qui galleggiano tra le mille e le tremila tonnellate di scarti plastici.

10 cose che possiamo fare per ridurre i rifiuti di plastica

L'inquinamento di mari e oceani ha conseguenze terribili per ogni essere vivente sulla Terra, esseri umani compresi. Dal momento che questi fenomeni sono in larga parte provocati dal'impatto delle attività umane, con esiti devastanti per le risorse naturali, per il pianeta e per la stessa vita, ognuno di noi dovrebbe contribuire a cambiare rotta per salvare la Terra.

Nel nostro piccolo sono tante le cose che possiamo fare per risolvere questa problematica:

  1. Ridurre l'uso della plastica, evitando di acquistare prodotti con troppi imballaggi.
  2. Riciclare sempre la plastica, per dare a questo materiale una seconda vita.
  3. Recuperare i contenitori di plastica, che possono sempre tornare utili e non sono da considerare unicamente come uno scarto: spesso sono una risorsa.
  4. Bandire per sempre dalle nostre vite il materiale usa e getta di plastica.
  5. Acquistare più prodotti possibili alla spina.
  6. Utilizzare borracce di metallo e non sprecare troppe bottigliette di plastica.
  7. Usare borse di tela riutilizzabili per fare la spesa.
  8. Partecipare ai progetti di pulizia delle spiagge.
  9. Aderire ai movimenti in difesa dell'ambiente ed essere parte attiva del cambiamento.
  10. Promuovere buone abitudini di comportamento green ed essere di buon esempio per tutti.

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