NEONATO

Me lo prendi papà?

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Ricordi la canzone di Gianni Morandi che diceva "me lo prendi papà", in cui il povero Gianni nelle vesti di un papà qualunque rispondeva sempre di sì alle richieste via via sempre più fantasiose e impossibili del figlioletto? L'elenco dei desideri partiva da un gufo con gli occhiali per non fermarsi più.

E ora, cosa chiedono i bambini? Di tutto e di più, spesso anche cose inesistenti. Ma talvolta, specialmente se sono più grandini e vanno già a scuola, possono rivolgerci richieste di oggetti reali e presenti sul mercato, ma che si pongono fuori della nostra portata. I genitori di una volta erano soliti cavarsela dicendo che l'erba voglio non cresce neppure nel giardino del re: una risposta che non è più proponibile.

Cosa è meglio dire al proprio bambino se avanza una domanda del tipo: "Perché il papà del mio amico ha una macchina potente e noi no?". I genitori che gli hanno risposto: "Perché a noi sta bene quella che abbiamo. E poi un'auto così è un privilegio che non ci possiamo permettere: siamo poveri" si sono resi conto di aver commesso un errore qualche settimana dopo. In un tema il bambino aveva scritto che i suoi genitori erano poveri perché non potevano permettersi un'auto di lusso. Questo è il racconto di Nessia Laniado, psicologa, autrice del libro Mamma, me lo compri? (red edizioni), che spiega che il bambino in questione è il proprio figlio di sei anni. Da questo episodio è nata l'esigenza di riflettere sulle risposte che i genitori danno ai figli a simili interrogativi: che non sono pochi e soprattutto non vanno presi sottogamba.

È bene evitare di dire che non ci sono soldi o che il tal oggetto costa troppo. Il bambino non capirebbe il vero senso delle nostre parole, perché non sa qual è il valore delle cose e il prezzo del denaro. Per lui tutto si può comperare, basta volerlo. Perciò si dovrà spiegare, piuttosto, che si preferisce spendere il denaro in altro modo, più utile e piacevole anche per lui. O, per restare sull'esempio dell'automobile, si potrà dire che la macchina che si possiede è più vantaggiosa per vari motivi -dimensioni, rispetto della natura, spaziosità- se paragonata ad una più potente e veloce. Ha grande importanza imparare a dire di no con fermezza e decisione, ma pur sempre con dolcezza, alle richieste pressanti cui non si può o non s'intende accondiscendere. Il bambino, anche se non capirà l'autentico motivo del rifiuto, riceverà comunque un'impressione positiva dal nostro atteggiamento.

La cosa fondamentale è però quella di trasmettere un equilibrio ai bambini per quanto riguarda il rapporto con il denaro. Se ci vedranno troppo attaccati al portamonete, pieni di gioia quando portiamo a casa la paga, capiranno quanto contano i soldi per noi e li confronteranno con altri valori come amore, lavoro, cultura, amicizia. Sta a noi far capire ai nosti figli, con le nostre quotidiane azioni, quali sono le cose che vengono prima nella vita. Tanto più difficile in una società dove lotterie, quiz e concorsi televisivi rafforzano sempre di più l'ideale della corsa al denaro.

Qual è poi l'età più adatta per responsabilizzare un bambino sui soldi? Non c'è un'età prestabilita, ma, secondo la psicologa, prima si comincia meglio è. Sarà inoltre preferibile non dare piccole somme da gestire ai bambini, almeno inizialmente. È molto più educativo far loro capire l'importanza del raggiungimento di obiettivi concreti, nella scuola, nelle amicizie e nello sport.

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