
L'annuncio è di qualche giorno fa: non saranno più in commercio i termometri in cui la rilevazione della temperatura si effettua con il mercurio. Infatti, quest'ultimo può essere tossico, se assunto in certe dosi. Inoltre, contamina l'ambiente in cui è disperso. Se dunque cominciamo a liberarci del mercurio dei termometri, maggiore attenzione va prestata a quello che rischiamo di assorbire mangiando pesce.
La battaglia per il controllo dei livelli di mercurio nel pescato è appena partita negli Stati Uniti. E rivela dati assai interessanti. Un'intossicazione da mercurio può essere la causa di disturbi come nausea, cefalea, vertigini, stanchezza, confusione mentale e perdita di capelli.
Basta un'analisi del sangue o del capello a rivelare se c'è intossicazione in corso: secondo l'EPA (Enviromental Protection Agency, Agenzia per la protezione ambientale), la concentrazione di mercurio nel sangue non deve superare i 5 milligrammi per litro o il microgrammo nel caso dei capelli. Ma perché sono i pesci i principali accusati per le intossicazioni da mercurio? Semplice: vivendo in acque spesso contaminate dagli scarichi industriali, ne assorbono tutto il mercurio. E una volta portati in tavola, ce lo fanno assimilare.
Senza allarmismi inutili, vanno dunque tenute presenti alcune regole di comportamento alimentare. Sono i pesci più grandi, come lo spada o il tonno, ad accumulare più dosi di mercurio. Molto meno se ne trova nel pescato medio piccolo, come le acciughe, e nel salmone. Del tutto assente nei gamberi, il mercurio è poco assorbito da ostriche, sardine e triglie. I valori salgono via via con l'aragosta, lo stoccafisso, il tonno (anche in scatola), per finire al top con sgombro e pesce spada.
L'unione Europea ha stabilito il quantitativo massimo di mercurio tollerato nei pesci destinati alla vendita. Norme di sicurezza che ci consentono di mangiare senza pericoli fino a 35 chili di pesce l'anno. Se poi privilegiamo quelli di piccola taglia, saremo ancora più sicuri da eventuali intossicazioni di mercurio...
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