Quando, amiche, parenti, colleghi ti comunicano un loro successo, ti complimenti con loro sinceramente, ma poi, da sola ti chiedi sempre perché le cose belle sembrano sempre capitare agli altri. Ti senti esclusa. Gli esperti la chiamano me-flex: è un riflesso negativo ai successi altrui. Alla base c’è da una parte uno spiccato senso del confronto con gli altri, che può arrivare a esprimersi con malignità sul conto altrui, dall’altro una certa tendenza all’autocommiserazione.
Naturalmente, questo senso di frustrazione ha delle cause ben precise dentro di noi. Una volta trovate e riconosciute, sarà semplice mutare il nostro atteggiamento e cominciare a sentirci delle vincenti.
Le motivazioni alla base del me-flex, sono diverse. Anzitutto la sensazione che se qualcun altro ottiene un successo, diminuisce la possibilità di ottenerlo a nostra volta. Questa idea deriva dall’errata percezione che il successo non sia un bene illimitato, e che perciò possa terminare. È tipica dei primogeniti, che frequentemente percepiscono la nascita di un fratello come la causa di una sottrazione di amore da parte dei genitori.
Inoltre, spiega la psicoanalista Maria Saccà, la società tende a proporre un modello in cui chi non arriva primo vale meno degli altri, con tutte le immaginabili conseguenze che questo comporta. Una volta ben chiaro invece che il successo non è un bene limitato, e che ciascuno ha il suo tempo per raggiungerlo, un rimedio efficace può essere quello di chiedere consiglio o osservare bene chi il successo l’ha già raggiunto.
Altra fonte di difficoltà per la nostra affermazione siamo noi stesse: specialmente quando ci si trova a confrontarsi con amici e parenti, diventiamo critici spietati di noi stesse, e l’autocensura che mettiamo in atto può essere ancora più dannosa dell’invidia. In questo caso bisogna imparare a essere un po’ più indulgenti con sé stesse e guardare a quello che si è stati in grado di realizzare fino a quel momento.
Un atteggiamento tipico è poi quello di sottovalutare, quando non ignorare del tutto, i sacrifici che stanno dietro a un successo. Focalizziamo la nostra attenzione solamente sul risultato ottenuto dagli altri e non sul percorso, alle volte molto impegnativo, che ha permesso di raggiungerlo.
Quando ci si trova poi a confrontarsi con i cosiddetti “furbi”, persone smaliziate e disinvolte che riescono a emergere nonostante i loro effettivi meriti, a nostro discapito (o almeno così pensiamo), la frustrazione da me-flex aumenta in maniera vertiginosa. Eppure, se deve esserci di conforto il sapere di non essere in grado di comportarci alla loro stessa stregua, non dobbiamo rifugiarci nel ruolo di vittime che si chiedono con aria smarrita “Perché mi sta facendo questo?”.
La domanda giusta è invece: “Che cosa sto facendo io per me stessa?”. Un semplice cambio di prospettiva, afferma la lifecoach Giovanna D’Alessio, ma che consente con una semplice risposta di cambiare il nostro atteggiamento, ponendoci in maniera attiva nei confronti della vita.
Infine, molto più spesso di quanto si creda, il mae-flex è causato da una cattiva conoscenza che abbiamo di noi stesse e dei nostri reali desideri. Comprendere quali siano le nostre reali esigenze, per quanto possano risultare magari diverse dai modelli che la società ci propone come “classici” del successo, è il miglior modo per liberarsi definitivamente da inutili stress e invidie.
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