DONNE E LAVORO

Elena Dondina: con MUBA ho scommesso sulla cultura

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Presidente della Fondazione MUBA e co-fondatrice del primo Museo dei Bambini di Milano - attualmente insediato nello storico edificio della Rotonda della Besana – Elena Dondina ha portato avanti un sogno: creare un modello di cultura diffusa per l’infanzia che abbia al centro l’esperienza diretta dei bambini e il coinvolgimento delle famiglie.

La nascita di MUBA coincide con una svolta precisa nella tua vita professionale: ci racconti la storia?

Avevo 28 anni e studiacchiavo all'università senza particolare costrutto. Avevo dato dieci esami a legge e quindici a lettere – girando in tondo senza combinare nulla di concreto - quando mio fratello mi racconta di questo progetto che sta nascendo con un gruppo di amici. Lui - attuale direttore artistico di MUBA – si occupava di graphic design e a quei tempi era ispirato da Bruno Munari e Sabina Cantarelli - uno dei soci fondatori - aveva viaggiato negli USA e aveva scoperto il Children Museum restandone colpita. Il primo gruppo che ha lavorato all’idea del Museo era molto numeroso, poi si è ridotto. Abbiamo fondato MUBA nel 1995 e abbiamo allestito la prima mostra alla Triennale nel 1996. Ormai il gruppo è stabile da una quindicina d’anni, tutte donne.

Come vi siete strutturati?

L’idea era produrre una nuova mostra ogni anno. Era tutto nuovo ed eravamo circondati da una sorta di diffidenza generica. Stiamo parlando di una startup che ormai ha vent’anni: ora il clima è cambiato, Siamo partiti come Associazione e adesso siamo una Fondazione di partecipazione e Cooperativa sociale.

Come avete scelto l’attuale collocazione alla Rotonda della Besana?

Fin dall'inizio abbiamo chiesto al Comune di Milano una sede. Ognuno prometteva qualcosa, fino a quando siamo riusciti a concretizzare con la giunta Pisapia e soprattutto con Stefano Boeri, che come Assessore alla Cultura era interessato a costruire una rete di musei. Nel 2012 avevamo vinto il bando per il Palazzo delle Scintille ma vari problemi burocratici avevano bloccato tutto. Nel frattempo, il progetto Re Mida – con cui MUBA era partito – è stato ospitato in diverse sedi espositive. A un certo punto abbiamo tentato l’avventura e abbiamo affrontato il bando pubblico per la sede della Besana, prendendoci dei rischi spaventosi.

Dalla prima startup alla realizzazione del Museo stabile: quanto è stato difficile?

Siamo partiti con un business plan di tre anni fatto pro bono dallo studio Bain & Company e cercando dei finanziatori. Ci servivano ogni anno 650mila euro per coprire tutte le spese ed aprire ogni mattina. Ci credevo enormemente e non volevo perdere l’occasione. Pur di aprire, mi sono assunta la responsabilità di coprire la spesa a garanzia per il primo anno. Un imprenditore fa queste cose le fa normalmente, perché è un rischio calcolato ma devo comunque molto al sostegno di famiglia e amici. Nel 2013 il Comune ci ha consegnato la Besana e nel 2014 abbiamo cominciato l'attività. L’intuizione era corretta e MUBA oggi è in grado di espandersi e fare ulteriori investimenti. Fino al 2028 non ci muoveremo da lì.

Quale filosofia sostiene MUBA?

Una delle nostre caratteristiche e che ogni bambino deve entrare con un adulto, è un momento che ti prendi per fare un'attività insieme. Nella nostra società (soprattutto qui in città) i genitori sentono il bisogno di trovare attività da far fare ai figli perché lo “spazio noia” fa paura. Il risultato è che spesso i papà sono con i figli ma giocano a fantacalcio e le madri osservano con aria rapita. Da MUBA, invece, tutte le attività sono sviluppate non solo per favorire ed incoraggiare il pensiero creativo dei bambini, ma anche per far condividere agli adulti questo passaggio fondamentale nel processo di crescita.

Come funziona MUBA?

Ci sono due aree attività, entrambe a pagamento: Re Mida – basata sull’esperienza di Reggio Children – che va da 0 a 12 anni e l’area delle mostre gioco dedicate a bambini dai 2 ai 6 anni, che è il punto forte delle nostre attività.
Le attività analogiche che offriamo sono perfette per i bambini piccoli e per le loro famiglie desiderose di stimolarli. Possono sperimentare, conoscere e imparare attraverso il gioco, emozionarsi, toccare, annusare, ascoltare, barattare i giochi e anche festeggiare il compleanno.
Le offerte per i bambini più grandi, invece, sono più mirate. Venire al MUBA è un po’ come andare al cinema. Ci sono turni di ingresso e le attività durano 75-90 minuti, con la guida, l’assistenza e lo stimolo di un numero proporzionato di educatori. Le visite delle scuole avvengono tra il martedì e il venerdì e spesso le scolaresche si fermano per un picnic nell'area libera o nel bellissimo giardino della Besana.

L’offerta delle attività cambia spesso?

Facciamo una grande mostra l'anno ma l'attività continuativa dei laboratori di re Mida è enorme e continua a cambiare. Inoltre, ci sono laboratori estemporanei come PANE, organizzato dall’Opera San Francesco per i poveri Onlus in collaborazione L’associazione Panificatori di Milano e Provincia. Adesso abbiamo in fase di approvazione un progetto per il prossimo anno che si chiama “Cuori impreparati”: parlerà di educazione sentimentale e sarà possibile grazie ai fondi UE e alla collaborazione con i musei di Bucarest e di Budapest.

Cosa vedi nel vostro futuro?
Desideriamo che MUBA cresca come punto di riferimento culturale per la città. La cultura è fondamentale per offrire strumenti di crescita che abbiano un effetto a cascata dalle famiglie ai bambini. L'investimento culturale fa crescere il Paese e può dare una svolta a una società che è molto indietro, nonostante le opportunità e le risorse che abbiamo in Italia.

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