PRIMA INFANZIA

Se non mangi tutto, la mamma piange...

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Basta un momento di nervosismo, un comportamento irritante ed ecco che può capitare di pronunciare qualche frase infelice.

Come fare? In ogni età ci si deve avvicinare e dialogare in maniera differente.

Tra i due e i sei anni, per esempio, bisogna evitare i musi lunghi perché il bambino non capisce il rifiuto da parte del genitore di dialogare e ne rimarrebbe spaventato. In questo momento della vita del bambino una frase come "se fai così sei cattivo..." fa crollare la sua autostima poiché è questa l'età nella quale il bambino proietta su di sé l'immagine che i genitori gli attribuiscono. Basterà quindi sottolineare solo l'azione errata.

Se ormai la frase è stata detta, cerca di creare con tuo figlio un'atmosfera rilassante e serena, magari giocando con lui, e dimostra apprezzamento, lodandolo, per ciò che ha compiuto.

"Se non mangi sono triste..."Anche il ricatto davanti ad un piatto di pasta è estremamente diseducativo. Questo comportamento produce nel bambino un doppio effetto: innesca un inevitabile senso di colpa ed attribuisce al cibo un'eccessiva valenza emotiva. Se il bambino è grandicello prova a coinvolgerlo in cucina nella preparazione del pasto:  farà scattare il lui la curiosità dell'assaggio e l'orgoglio di averlo cucinato.

Tra i sette e i dodici anni la personalità del ragazzo è ancora fragileed ha bisogno quindi che i genitori gli comunichino approvazione e sicurezza.  In questa età si gettano le basi per la futura vita sociale: cerca perciò di non esprimere giudizi su di lui in presenza di amici o coetanei.

Anche screditare l'altro genitore con frasi tipo "ti comporti male come tuo papà" sono molto pericolose e vanno assolutamente evitate. La figura paterna, in questo momento, è la sua guida per eccellenza e questi paragoni sono inutili. Per rimediare e bilanciare il giudizio negativo nei confronti del padre, sottolineate anche le somiglianze positive.

Anche una frase come "capirai quando sarai grande" che si utilizza per svicolare dal dare spiegazioni su argomenti "difficili",  non è corretta poiché trasmette al bambino il messaggio che la colpa sia soltanto sua dal momento che è piccolo. Sarebbe meglio dire "è un argomento delicato, non si può spiegare velocemente, ma proviamoci".

In adolescenza l'errore più comune del genitore consiste nel sottovalutare la crescita del ragazzo e i suoi desideri. Ciò crea conflitti e non lascia spazio al dialogo: un brufolo comparso all'improvviso per un adulto può sembrare una sciocchezza, ma per  un quindicenne può rappresentare una tragedia. E' meglio perciò non dire "...ma non annoiarmi con questa sciocchezze" poiché ciò genera nel ragazzo la convinzione di non essere considerato e compreso in famiglia.

Cerca in questo caso di recuperare il dialogo avvicinandovi al ragazzo magari raccontandogli qualche ricordo della vostra adolescenza e dei vostri piccoli ma grandi drammi. Non stancarti di ascoltarlo  e di proporgli la strada più pratica per risolvere il suo problema senza troppe drammatizzazioni.

Educarsi alla comunicazione in famiglia

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