STILI E TENDENZE

Vita da bambola: le storie di Barbie e Ken umani dei giorni nostri

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Si chiamano Valeria Lukyanova e Rodrigo Alves, ma il mondo li conosce con il loro appellativo, ossia quello di Barbie e Ken umani

Figli del marchio Mattel che li ha creati rispettivamente nel 1959 e nel 1961, Barbie e Ken sono stati e sono ancora oggi gli idoli delle ragazzine, che durante l'infanzia si divertono a creare collezioni infinite con le loro bambole di plastica, debitamente acconciate e abbigliate secondo le tendenze moda delle varie epoche.

Ma c'è chi di Barbie e Ken ha fatto la propria personale ossessione, non limitandosi al collezionismo, ma dedicando la propria esistenza ad assomigliarvi.

I casi più estremi di questa tendenza hanno nomi ben precisi e una fama che li precede, visto che ormai tutto il mondo li chiama Barbie e Ken umani, a giusta ragione.

Lei si chiama Valeria Lukyanova ed è una modella ucraina di trent'anni, mentre lui è Rodrigo Alves, brasiliano con mamma inglese, classe 1981. La loro professione, essere i sosia in carne e ossa dei due sempre giovanissimi fidanzati di casa Mattel, risultato raggiunto a suon di chirurgia plastica e con cifre da capogiro. Si stima che lui abbia speso più di un quarto di milione di euro in interventi estetici.

Prima di lui, ad ottenere lo scettro di Ken umano, ci aveva provato Celso Santebanes, la cui storia è piuttosto triste, visto il tragico epilogo. Dall'età di 16 anni Celso ha iniziato a sottoporsi ad operazioni chirurgiche per assomigliare allo statuario bambolotto, ma la sua ricerca della perfezione è terminata a 20 anni, quando gli è stata diagnosticata una leucemia in stato avanzato. Il ragazzo era in ospedale per curare una serie di infezioni causate dalle iniezioni di silicone.

Che la chirurgia estetica possa rivelarsi insidiosa e decisamente pericolosa, specie sui grandi numeri, è un dato di fatto. Lo sa bene anche Rodrigo Alves, che dopo 12 anni di operazioni, nel 2016 ha rischiato di perdere letteralmente il naso a causa di una necrosi dei tessuti, che l'ha costretto ad una lunga cura antibiotica e ad una ricostruzione completa dell'area.

Degna di nota, sempre in negativo, anche la vita di Valeria Lukyanova, la Barbie vivente, che è approdata nel patinato mondo del jet set dopo aver vinto nel 2007 il concorso "Miss Diamond Crown of the World", dove il regolamento non vieta alle partecipanti di essere rifatte, anche da capo a piedi.

Nel corso degli ultimi 10 anni la Lukyanova, grazie anche al sostegno economico di un marito miliardario, non si è fatta mancare ritocchi qua e là, ma soprattutto non ha nascosto al mondo la sua attitudine al Bretharianism, uno stile di vita che ha seguito per qualche tempo e che prevede di vivere di sola aria e sole, senza cibo o acqua.

La Barbie umana, neanche a dirlo, ha partecipato da protagonista anche a video musicali di alcune sue canzoni e documentari, prestando il volto anche ad alcuni lungometraggi. Nonostante sia fuori di dubbio che Valeria e la chirurgia siano amiche intime, la modella si è talvolta mostrata reticente a rivelare tutte le operazioni a cui si è sottoposta.

Quel vitino da vespa così sottile che, secondo i media era frutto di un'asportazione delle costole, secondo la Lukyanova non corrisponde a ritocco estetico. A dirla proprio tutto, oltre all'evidente operazione di aumento del seno e all'ammissione di indossare lenti a contatto colorate grigio-blu, la bambola umana sostiene di non essersi sottoposta a grandi interventi chirurgici.

Il che a vederla risulta davvero difficile da credere.

Ma bugiarda o no, la human Barbie ha un seguito di fan che la ripaga sempre di tutto, anche di qualche possibile menzogna per giustificare la diretta discendenza dalla sua eroina in silicone.

La cosa buffa è che nell'ultimo anno la Lukyanova ha fatto una piccola inversione di tendenza. Niente più look rosa confetto sui suoi profili social, ma sempre più immagini che la vedono protagonista di lunghe sessioni fitness per accrescere la massa muscolare.

Per la serie Barbie ama il body building e la palestra. Un po' da crisi di mezza età, oseremmo dire.

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