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Che cos’è il “recommerce” e perché farà bene al pianeta

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Recommerce è l'abitudine di rivendere le cose, soprattutto gli abiti, che non vogliamo più indossare, contrastando i danni fatti dal fast fashion.

Si dice recommerce ma significa salvare l’ambiente. Sai di che si parla? Il recommerce, noto anche come reverse commerce, è il modello di vendita di beni usati o precedentemente posseduti.

Dai negozi dell'usato alle boutique di lusso di fascia alta, c'è un intero spettro di aziende che seguono un modello di rivendita. E ci sono numerosi mercati digitali che hanno portato la rivendita dai negozi fisici alle operazioni online.

L'abbigliamento di seconda mano detiene la quota di mercato maggiore del recommerce, destinata a raggiungere oltre 51 miliardi di euro entro il 2023. Altri settori di rivendita popolari includono articoli per la casa, oggetti da collezione e arte.

All'interno del recommerce di abbigliamento, ci sono settori diversi, tra cui:

  • Rivendita dell'usato o vintage: vendita di prodotti più vecchi ma ben fatti di grandi classici come Levi’s o Woolrich.
  • Rivendita di lusso: vendita di beni e oggetti d'antiquariato di case di moda come Louis Vuitton ed Hermes.
  • Upcycling: prendere oggetti usati, vintage o di lusso e convertirli in un nuovo prodotto.

Sebbene alcuni negozi stiano guadagnando milioni da questo modello di business, il fascino del ri-commercio va oltre il denaro: stai riciclando e riproponendo la cultura, migliorando anche la sostenibilità nel settore.

Fast Fashion: un look insostenibile

Il suo impatto sul nostro pianeta ha causato danni  tremendi. Il fast fashion è responsabile non solo del 10% delle emissioni di carbonio, ma anche di uno spreco enorme di acqua. La moda veloce è economica, con articoli realizzati rapidamente da marchi che di solito hanno una vita breve. Quanto volte hai comprato per pochi euro un paio di jeans o una maglia e li hai buttati dopo pochi lavaggi o a fine stagione? Questa tendenza è universale, con la produzione di abbigliamento raddoppiata tra il 2004 e il 2014; anche il numero medio di capi acquistati da qualcuno è aumentato del 60% in quel lasso di tempo, secondo McKinsey.  Ma non compriamo più vestiti perché vogliamo un guardaroba più grande… compriamo capi di scarsa qualità che non sono fatti per durare.

Il motore principale di questo cambiamento culturale, ovvero del recommerce, sono i consumatori della Gen Z, che attribuiscono un valore maggiore alla sostenibilità rispetto alle generazioni precedenti. Spesso evitano i nuovi articoli, come abbigliamento e accessori, a causa dei rifiuti creati dall'industria della moda, dal drenaggio delle risorse naturali alla sovrapproduzione che finisce nelle discariche. Mentre c'è sempre stato un mercato per gli oggetti usati - negozi vintage, svendite, negozi dell'usato e incontri di scambio - oggi l'acquisto di seconda mano è visto come un segnale di virtù e una scelta di vita. Questa tendenza non mostra segni di cedimento. Man mano che sempre più membri della Gen Z entrano a far parte della forza lavoro, la loro influenza continuerà ad aumentare. Infatti, Bank of America stima che il loro potere di spesa supererà quello dei Millennial entro il 2031.

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