PRIMA INFANZIA

Basta dire parolacce!

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Cominciano da piccolissimi con innocenti offese arrivando a veri e propri sproloqui. Che fare?

Chi sono? Ma i nostri figli, naturalmente! Inutile negare, sono pochissimi quelli che escono dagli schemi attuali che vogliono i bambini e i ragazzini sempre più sboccati e linguacciuti. Tanto che, secondo uno studio recente condotto da Help me, associazione di psicologi volontari, i piccoli italiani sono i più maleducati d’Europa.

Maleducati, quindi educati male. Sarà poi vero? E la colpa è solo degli educatori, cioè genitori e insegnanti, o ci sono altri responsabili? Si è occupata del probema in tutti i suoi aspetti la giornalista Nessia Laniado, studiosa di psicologia infantile, nel suo libro Parolacce e rispostacce (Red edizioni). Si tratta di un vero e proprio manuale che insegna a correggere nel modo più efficace il linguaggio eccessivamente colorito dei bambini. Laniado analizza in primo luogo le cause che spingono un bambino a usare espressioni inopportune o offensive verso i suoi coetanei o anche quando parla con gli adulti. Si scopre così che sono i genitori stessi a far scattare involontariamente il meccansimo della parolaccia o della risposta sguaiata. E in diverse situazioni.

Ad esempio trattando sistematicamente il “no” dei bambini alla stregua di un capriccio, senza cercare di capirlo in profondità. E poi quando il papà o la mamma ricorrono ai ricatti per farsi obbedire: “niente tivù se non fai questo, niente giochi se non fai quest’altro”. Ma non solo. Spesso il genitore si rivolge al figlio senza amore, senza gentilezza, impartendo ordini secchi e sbrigativi. Come può aspettarsi di ottenere rispetto se lui per primo non lo dimostra? Anche le prediche, il porre domande insistenti, fare minacce sono tutti comportamenti dei genitori che spazientiscono il bambino e ne provocano le rispostacce. L’esempio del genitore ha poi il suo peso anche in un altro senso. Se il bambino sente abitualmente le parolacce in casa sarà più facile che si senta autorizzato a dirle a sua volta. Quindi prima di tentare di correggere il suo linguaggio sarà da intervenire sul proprio.

Ma tutto questo non basta: l’asilo, la scuola, la televisione, sono altrettanti mondi attraverso cui il piccolo può entrare in contatto con il turpiloquio. La cosa più giusta da fare, quando il bambino sfodera una parolaccia, è dimostrare indifferenza. I bambini sono infatti molto sensibili alle reazioni degli adulti al loro comportamento. Se ci arrabbiamo o ci mettiamo a ridere o manifestiamo meraviglia, allora saranno stimolati a ripetere la parola che suscita tanta attenzione e curiosità nei genitori. Anche se non ne sanno il significato. Anzi, spesso trovare le parole per spiegare al proprio bambino ciò che la parolaccia vuol dire, il suo potere nell’offendere e ferire le persone a cui è rivolta, può essere molto utile a renderlo consapevole fino a portarlo a smettere o limitare l’uso del vocabolo in questione.

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